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Nel marzo del 1915 Matteotti è tra i pochissimi che sappia dire no all’inutile strage della Grande Guerra, prevedendo lucidamente di cosa si tratterà: di un immane mattatoio. Queste le sue amarissime, penetranti parole sull’ubriacatura interventista con cui l’Italia corre a sacrificare la sua gioventù: «Cioè doveva cominciare così: la povera bestia doveva andare al mattatoio gridando gioiosa, le bandierine multicolori infisse sul capo, e i battimani sollazzevoli della studentaglia in calzoni semicorti». Con sobrio sdegno, Matteotti rigetta la retorica patriottica che dilagava anche a sinistra. In nome di un’idea altissima di umanità senza confini nazionali e di giustizia sociale come unica bussola, egli contesta frontalmente l’intoccabile, sacra e mendacissima parola, “patria”: «Per noi, patria ha esclusivamente significato se equivalga a libertà, ad autonomia di un popolo che vuole dettarsi proprie leggi. Perciò ci è indifferente se vuol dire semplicemente sostituire un padrone a un altro eguale per la classe lavoratrice […] non esiste per noi una sola patria, come sembra a voi, ma noi siamo per la libertà di tutte le patrie, a cominciare da quelle che noi abbiamo violate: la Tripolitania e la Cirenaica».
GIACOMO MATTEOTTI (1885-1924) nato a Fratta Polesine da famiglia benestante, dopo essersi laureato in giurisprudenza all’Università di Bologna si dedicò a studi economici e sociali, sviluppando un forte interesse per le questioni legate ai diritti dei lavoratori e alla giustizia sociale. Avvicinatosi al socialismo, iniziò presto la sua carriera politica, diventando segretario della Camera del Lavoro di Rovigo e militando nel Partito Socialista Italiano (PSI). Nel 1919 venne eletto deputato e si affermò come un brillante oratore, noto per il suo impegno per la democrazia e la difesa delle libertà civili. Con l’avvento del fascismo si oppose fermamente a Benito Mussolini e alla violenza delle squadre fasciste. Nel 1924 pubblicò il libro Un anno di dominazione fascista, una denuncia dettagliata degli abusi del regime. Lo stesso anno, durante un discorso in Parlamento, Matteotti contestò la legittimità delle elezioni appena svolte, accusando apertamente il Partito Fascista di brogli e intimidazioni. Pochi giorni dopo, il 10 giugno 1924, venne rapito e ucciso da una squadra fascista nei pressi di Roma. Il suo corpo fu ritrovato solo due mesi dopo.
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